Gestione crisi d'impresa

L’ordinamento giuridico prevede diverse procedure, finalizzate alla gestione e al superamento dello stato di crisi delle imprese. Un elemento comune è che l’impresa predisponga un piano di risanamento in cui si individuino le cause, si esaminino le possibili alternative e si indichino nel dettaglio le strategie e gli interventi volti a superare le difficoltà economiche e finanziarie.

Il piano attestato di risanamento e gli accordi di ristrutturazione dei debiti non possono essere annoverati tra le procedure concorsuali al pari del concordato preventivo, ma sono considerate procedure stragiudiziali.

La disciplina prevista per il piano attestato di risanamento non stabilisce né il contenuto e la forma né il consenso da parte dei creditori, i quali possono stabilire particolari condizioni di trattamento.

Il piano ha come obiettivo principale la soddisfazione dei creditori, tramite il riassestamento dei debiti e la riorganizzazione economico-finanziaria dell’impresa, volto quindi alla continuità dell’attività imprenditoriale.

L’accordo di ristrutturazione del debito, disciplinato dall’articolo 182-bis L.F., è un istituto di tipo stragiudiziale che prevede, per il debitore in stato di crisi, la possibilità di effettuare degli accordi privatistici con i creditori che rappresentano almeno il 60% delle passività.

Per poter avviare il ricorso all’accordo di ristrutturazione del debito è necessario che sussistano due presupposti:

  • presupposto oggettivo: rappresentato dallo stato di crisi del soggetto, intendendosi per tale sia la situazione di difficoltà economica e finanziaria, sia lo stato di insolvenza del soggetto debitore;
  • presupposto soggettivo: con riferimento a tale requisito, il debitore, per poter accedere a questo istituto, deve rientrare in una delle seguenti categorie di soggetti:
    • essere un imprenditore fallibile e, pertanto, sottostare ai requisiti di cui all’articolo 1 L.F. (“imprese soggette al fallimento e concordato preventivo”), i quali prevedono la fallibilità dei soli imprenditori commerciali, ad esclusione degli enti pubblici
    • essere un imprenditore agricolo, alla luce del fatto che l’articolo 23 comma 43 D.L. 98/2011 ha previsto una deroga alla disciplina fallimentare consentendo espressamente all’imprenditore agricolo in stato di crisi o di insolvenza l’accesso all’accordo di cui all’articolo 182-bis L.F.
    • essere un imprenditore in possesso dei requisiti per ricorrere alla procedura di amministrazione straordinaria ovvero di liquidazione coatta amministrativa.

Il concordato preventivo introdotto dagli articoli 160 a 186 bis L.F. è una procedura concorsuale di tipo giudiziale, che il legislatore ha messo a disposizione dell’imprenditore in crisi, per un verso, per perseguire il risanamento, per altro verso, per evitare che nei suoi confronti venga dichiarato il fallimento. Esso prevede la soddisfazione dei creditori anche parziale, sotto qualsiasi forma.

L’accordo con i creditori è soggetto ad omologazione da parte del Tribunale, con la quale si avvia l’esecuzione del piano stesso.

Il debitore può chiedere l’ammissione alla procedura di concordato preventivo se sussistono due requisiti:

  • presupposto oggettivo: rappresentato dallo stato di crisi dell’imprenditore (lo stato di crisi comprende anche lo stato di insolvenza);
  • presupposto soggettivo: per poter accedere a tale procedura, l’imprenditore deve essere fallibile e dunque possedere i requisiti di cui all’articolo 1 L.F. (“imprese soggette al fallimento e concordato preventivo”).

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